Saint-Malo: Nuovo arresto e pestaggio del compagno Damien Camélio

Il compagno Damien Camélio, uscito dal carcere di Fleury-Mérogis il 29 giugno scorso, ha subito un’agguato e poi un pestaggio brutale da parte dei funzionari di polizia Grenot, Remond, Cuzon e Lecorvaisier, di Saint-Malo, nella notte tra sabato 29 e domenica 30 luglio 2017. Dopo 36 ore di custodia, il compagno è uscito con gravi lesioni e una convocazione davanti al tribunale, per esservi processato per oltraggio e ribellione, il 13/03/2018 alle ore 13:30.

Dichiarazione del compagno:

Sono uscito da Fleury un mese fa e non ho ancora avuto occasione di festeggiare questa uscita con la mia compagna. Lo scorso sabato siamo andati al cinema e poi, dopo aver lasciato il bambino dalla nonna, siamo usciti per bere qualcosa in città.

Saint-Malo, essendo una città piccola i posti per uscire si contano sulle dita della mano. In assenza di scelte, siamo andati a ballare in un posto schifoso con musica di merda. Ma non ci importava, volevamo solo essere un po’ allegri dopo mesi di problemi (anche anni, se contiamo la mia latitanza e le due condanne precedenti).

Per una volta potevamo trascorrere la serata come qualunque signora e signore, senza doversi nascondere e falsificare le proprie identità.

Almeno questo è quello che pensavamo.

Alla fine della serata, mentre aspettavamo il taxi per tornare a casa, la mia compagna si è sentita male e ha avuto un svenimento. Non avevamo mangiato, aggiungendo un po’ d’alcool e ore trascorse a ballare in un posto surriscaldato, la compagna è caduta in coma.

Anche se non mostravo nulla, ero veramente sconvolto. Ma pensando che avendo scontato la totalità delle mie condanne e non esserndo più ricercato potevo approfittare dell’aiuto dei soccorsi, ho deciso, per cambiare in una tale situazione, di cavarmela senza rubare una macchina, ma di chiamare un’ambulanza come fanno tutti. Ero consapevole che questi avrebbero informato la polizia, che a questo punto avrebbe potuto avere la mia identità.

E’ stato un grosso errore.

Gli sbirri sono arrivati con i soccorsi, hanno preso le nostre identità, e poi l’ambulanza ha trasportato la compagna e me come accompagnatore all’ospedale.

Arrivati all’ospedale, la compagna era ancora in coma. Ho insistito per restarle accanto, ma non me lo hanno permesso. Allora ho deciso di rientrare, con l’idea di tornare nelle prime ore del mattino.

Quello che non sospettavo era che gli sbirri nel frattempo avevano controllato le nostre identità al terminale. Sapevano dunque chi ero.

Quando sono uscito dall’ospedale, una macchina di sbirri era parcheggiata davanti e 4 sbirri mi aspettavano fuori, accanto ad essa.

Hanno gridato: “eh Camélio, portaci i documenti per controllare”.

Non avevo nulla da rimproverarmi, così ho dato i documenti. Uno sbirro ha aggiunto: “hai un coltello?”. Al quale ho risposto di sì, naturalmente, porto sempre un coltello con me. Mi ha chiesto gentilmente di mostrarglielo, cosa che ho fatto, e allora me l’ha strappato di mano, mentre gli altri tre mi sono saltati addosso, contemporaneamente.

A terra, con le mani legate dietro la schiena, mi hanno picchiato fino a rimanere senza fiato. Ho cercato di lottare un po’, perché era veramente troppo, e ad un certo punto ho temuto che mi avrebbero ucciso. Mi hanno talmente strangolato che sono svenuto. Quando ho ripreso conoscenza, i colpi stavano ancora piovendo. Anche se svenuto, loro continuavano a picchiarmi.

Poi mi hanno portato via e buttato in cella. In cella mi hanno lasciato senza mangiare, senza nemmeno un bicchiere d’acqua. Mi faceva male dapertutto e ho chesto di veder un medico per ore. Alla fine hanno accettato, dopo aver trascorso venti ore in questo stato, e dopo aver minacciato di far arrivare la mia avvocatessa da Parigi, e precisamente che non si tratta di una d’ufficio, ma un’avvocatessa estremamente competente.

Il medico è arrivato, sconvolto per lo stato in cui mi trovavo, ha insistito per farmi un certificato medico specificando alcune delle mie lesioni, e precisando che il mio stato richiede tre settimane di prognosi, ed un monitoraggio ospedaliero importante. Il medico si è allora recato dall’ufficiale di polizia giudiziaria per dirgli che avevo il certificato medico e che era meglio se questo non spariva durante la custodia in commissariato.

Stavo proprio male, ma la cosa peggiore era che per tutto il tempo si sono rifiutati di darmi notizie sulla mia compagna. L’ultima volta che l’avevo vista era in coma.

Ero terrorizzato dall’idea che la mia compagna non si era ripresa, e terrorizzato dall’idea di smarrimento del piccolo, che non sapeva cosa fosse successo e perché nessuno veniva a prenderlo.

Per fortuna la mia compagna era uscita dall’ospedale il giorno dopo, e ha potuto tornare a casa senza troppi problemi. Sospettando che gli sbirri mi avessero preso, si è recata al commissariato più volte, chiamando regolarmente. Per fortuna, perché, nonostante per legge ne siano obbligati, no le hanno detto nulla. Le avevano detto che sarei uscito in giornata, ma non sono uscito. L’ultima volta che le hanno detto qualcosa dl genere, mi ha rivisto dopo otto mesi…

In breve, sono stato rilasciato oggi, mi hanno rilasciato intorno a mezzogiorno, dopo due notti trascorse in cella. La procura non ha deciso per un processo in direttissima, e a seguito della minaccia che avrei avvisato il mio avvocato e del certificato medico del dottore, i quattro sbirri hanno deciso di ritirare la loro denuncia (e si, è il colmo, ma quegli stronzi pensavano di sporgere denuncia nei miei confronti).

Ciononostante, sono stato convocato a presentarmi al Tribunale correzionale di Saint-Malo il 13 marzo prossimo, per rispondere delle accuse di oltraggio e ribellione.

A seguito dei colpi presi ho la mano destra fratturata, sono completamente sordo all’orecchi destro, ho numerosi grossi ematomi sulle braccia, sulla schiena, sulle costole e sulle gambe, e anche due grandi bernoccoli sulla testa e ferite in bocca. Il collo mi fa molto male a causa del violento strangolamento e faccio molta fatica a respirare (mi è impossibile riempire completamente i polmoni).

Ma non mi lamento, sto descrivendo nel dettaglio, l’unica cosa che mi dispiace è di essere stato nell’incapacità totale di restituire i colpi. Ho un desiderio furioso di vendetta, ma non posso, adesso che ho delle persone care mi ritroverebbero troppo facilmente.

Non voglio nessuna giustizia, fanculo la giustizia, io non sono una vittima.

Non rivendico nessuna innocenza, anche se questa volta, di fatto, non sarei colpevole di nulla.

Questa aggressione non è nient’altro che un nuovo attacco del nemico contro i compagni/e impegnati/e nella guerra sociale.

In questo momento i miei pensieri vanno a Krem e a Kara, come a tutti/e quelli/e che rimangono ribelli nonostante le gigantesche forze dei nostri avversari autoritari.

Per la solidarietà, per la vendetta e la conflittualità permanente!

Damien

aggiornamento del 1 agosto: Il compagno è uscito d’ospedale, oggi 1/8/2017 alle 19; le lesioni più gravi sono una frattura del quinto metacarpo (mano destra), con una prognosi di 42 giorni, e il timpano destro perforato, cosa che può avere delle conseguenze irreversibili (sordità).

 

[Traduzione : Anarhija.info]

[in English][en français]

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