attacco incendiario di un ripetitore, giugno pericoloso
Non ci sentiamo bene da nessuna parte.
Non ci sentiamo bene da nessuna parte perché aggrediti dovunque.
Aggrediti perché quello che non è ancora cementificato è accuratamente depositato, etichettato o messo in riga e dovrebbe ancora farci sorridere.
Aggrediti perché tutto quello che ci circonda tende a diventare un prodotto; misurabile, adattabile, consumabile, vendibile.
Aggrediti perché con i nostri gesti di ogni giorno noi sosteniamo questo modo di vita, che sia per facilità o contro la nostra volontà.
Aggrediti perché ci vendono questo sistema che scorre portando con sé ogni vita, incollandoci sopra un adesivo verde eco-compatibile. Costruiscono delle città e dei missili nucleari, ma ci raccomandano a ogni piè sospinto che bisogna assolutamente usare delle lampadine a basso consumo.
Aggrediti perché vorrebbero farci credere che la normalità è essere azionari della propria miseria.
Assistiamo ad un disastro in cui il regno del superficiale ci annega sotto una marea di informazioni ed un orizzonte plastificato.
A proposito di informazioni: i ripetitori che spuntano un po’ dappertutto sono dei punti nevralgici e vulnerabili, perché sono dei punti di concentrazione dei flussi e perché basta qualche litro di benzina per danneggiarli gravemente.
Ecco perché, dopo una passeggiata notturna nella foresta, ce la siamo presa con un ripetitore di Piégros-La Clastre [nella Drôme, sud-est della Francia; NdT]. Dopo aver tagliato la griglia della recinzione e forzato il locale tecnico, abbiamo incendiato tutto quello che abbiamo potuto. La tristezza e l’aggressione si sono allora trasformate in gioia e in sorrisi complici. Questo mondo ci disgusta, non aspettiamo più nulla da lui.
Non vogliamo salvarne alcunché.
Vogliamo solo giocarci per accelerare ad ogni volta un po’ più la sua distruzione.
C’è la grande autostrada della vita che è tutta tracciata in direzione del pedaggio, dell’età adulta, delle responsabilità, dell’essere degli uomini, dell’essere delle donne.
Ci lasciano pure l’alternativa di prendere delle statali. La vita d’artista, i cestini di prodotti biologici e la buona coscienza che li accompagna.
Noi rifiutiamo tutte le strade.
Vogliamo uscire dai sentieri tracciati. Perché ciò fa paura, perché dobbiamo inventare i sentieri nell’oscurità, dandoci la mano, perché vogliamo restare dei bimbi selvaggi e giocare.
Certo, rischiamo di perderci, di essere coperti di spine, di avere fame o freddo.
Poco importa, almeno siamo vivi.
Così, la nostra solidarietà si esprime alle persone per le quali il dominio non è solo dei bersagli esterni da abbattere, ma anche dei riflessi automatici ancorati in noi, che è sempre urgente attaccare.
Non troveremo la libertà in futuri ipotetici, ma su sentieri di rivolta da vivere al quotidiano.
Per un giugno pericoloso.
Per una vita pericolosa.
Il vostro mondo che crolla è la nostra area di giochi.
Alcuni bambini con dei fiammiferi.
[Traduzione: Anarhija]