Alla periferia di Chambery, la notte del 6 ottobre 2023.
Questo mondo è pieno di auto e macchine di ogni tipo. Alcune servono a far muovere la tecno-borghesia, come le auto Tesla che escono dalle fabbriche di uno dei personaggi più ricchi del mondo, o di un altro. Ci sono macchine per la guerra moderna, dove esseri umani nascosti in un ufficio utilizzano droni intelligenti per massacrare altri esseri umani nascosti in una trincea. Affinché i tecno-borghesi possano muoversi tranquillamente, smanettando tutto il giorno sui loro smartphone, gli altri devono massacrarsi a vicenda, perché la tecnologia non cade dal cielo: la guerra si combatte per essa e con essa. La posta in gioco decisiva dei prossimi conflitti, al di là del loro carattere ideologico o etnico, è anche l’accesso e il controllo delle risorse energetiche e delle infrastrutture. E gli shock provocati da questa guerra già globalizzata faranno crescere i mercati dell’elettricità, delle tecnologie convergenti e del nucleare, mantenendo quelli del petrolio. Ditelo a un tecno-borghese con la sua Tesla e probabilmente vi dirà con una smorfia che lui non c’entra nulla, che è solo un ambientalista e che voi siete dei complottisti. Tuttavia, dietro una normale auto elettrica e i chip elettronici al suo interno, questa è la realtà che si nasconde (cioè che tutti fanno finta di non vedere). Dietro ogni nuova tecnologia, ci sono nuovi schiavi, nuove guerre e le devastazioni del nostro mondo.
Questo mondo è pieno di auto e macchine di ogni tipo, ma quella notte una quindicina di Tesla sono andate in fumo. Non è molto, ma è comunque qualcosa che i tecno-borghesi non potranno avere.
Questo mondo è pieno di telecamere. Da vent’anni spuntano come funghi per le strade, nelle case, sui telefoni, nelle auto e perfino sulla fronte di quelle teste di cazzo che girano in queshua. Solo per le strade ce ne sono più di un miliardo nel pianeta, e 9 solo su una Tesla. Le nostre vite sono ormai come un film freddo ambientato in un nido di spie. E c’è di più: nelle città europee ci sono 4 telecamere ogni 100 abitanti, mentre in Cina sono 37. Va beh, allora tutto a posto. Telecamere direzionali, telecamere a 360 gradi, telecamere di bordo, telecamere connesse, telecamere biometriche, telecamere algoritmiche, telecamere a infrarossi: con il pretesto della guerra al terrorismo, dall’esterno o dall’interno, le telecamere di sorveglianza sono diventate una garanzia di libertà. Perché le misure totalitarie sono spesso accompagnate dall’etichetta della democrazia. E quando si concretizzano in dispositivi tecnologici onnipresenti, ci abituano all’idea che non c’è spazio di intervento, che non si possa fare nulla sotto l’occhio delle telecamere.
Questo mondo è pieno di telecamere, ma quella notte ci siamo introdotti in un edificio videosorvegliato, nascondendo le nostre identità sotto cappucci e ombrelli. E ci volle un bel po’ affinché i primi vigili del fuoco e sbirri arrivassero sul posto. Niente di che, ma più che sufficiente.
Questo mondo ci porta a credere che non ci sia più speranza di cambiamento. I legami tra le persone sono così artificiali, così distorti, le possibilità di libertà così scarse. Siamo stati condannati a morire di noia e di solitudine, con il pretesto di non morire di fame, ma non è escluso che ai giorni nostri le tre cose siano compatibili. In un presente che si ripete, la vita non ha più significati tranne quelli che ci scegliamo come predefiniti: famiglia, patria, lavoro, religione. Queste illusioni producono gabbie solide e rigenerabili. Di questi tempi, non ci sono grandi speranze di cambiamento.
Eppure è con la certezza di poter ancora scuotere questo mondo, spronati dall’energia fornita dalla persistente ondata di sabotaggi anti-tecnologici in Europa e sostenuti dall’amore per i nostri compagni, che è sempre il combustibile per le nostre piccole cospirazioni, che abbiamo scelto di agire quella notte.
una banda di alci muschiate.
Traduzione: La Nemesi