Colombelles: Incendi volontari al campus tecnologico Effiscience

In questo fine settimana, caratterizzato dall’estensione dei terreni della guerra in Medio Oriente e dallo svolgimento del Salone di Le Bourget a Parigi, abbiamo deciso di interrompere l’attività del polo di innovazione tecnologica Effiscience a Colombelles, che riunisce in un unico “campus” numerose aziende del complesso militare-industriale: Safran Data Systems, Sotraban, NXP Semiconductors, Telit Wireless Solution, Nucleopolis, CLARA, Probent Technology, Atos & Bull Technologies, Eff’Innov Technologies…

Nella notte tra il 22 e il 23 giugno, abbiamo dato fuoco a due cabine di fibra ottica situate in Rue du Bocage, all’interno del sito. Le fiamme hanno cominciato a divampare quando ci siamo allontanati dal luogo. È facile immaginare che domani mattina sarà difficile connettersi a Internet in quella zona.

Le immagini spettacolari dei bombardamenti a migliaia di chilometri di distanza non devono farci dimenticare che le armi vengono fabbricate qui, nei centri di ricerca e produzione. Indignarsi per i massacri è una cosa (fondamentale), ma agire è un’altra, resa necessaria dalla brutalità degli eventi e dalla volontà di trasformare radicalmente le basi sociali su cui si fondano guerre, confini e genocidi.

Si tratta anche di mettere in evidenza la realtà economica della guerra, una vasta battaglia tra Stati o proto-Stati per l’accaparramento di risorse e territori che rappresenta una fonte di arricchimento per il capitale e un magnifico pretesto per la corsa all’innovazione tecnologica e lo sviluppo dell’industria. Per noi, la lotta contro la guerra è inscindibile dalla lotta contro il capitalismo nel suo complesso.

Apice dei rapporti brutali e dell’organizzazione gerarchica della società, la guerra e le sue reti devono essere combattute anche per l’ordine sociale che perpetuano. La guerra militare è uno dei mezzi migliori a disposizione dei capi per incanalare la rabbia che esiste all’interno dei propri “ranghi” verso la figura di un nemico disumanizzato, con l’aiuto di narrazioni nazionalistiche o religiose.

Di conseguenza, è necessario porre fine a un’illusione che persiste: quella secondo cui per combattere la guerra sia necessario obbedire ai capi. Il fondamento delle strategie militari e autoritarie, per le menti che le elaborano, consiste sempre nel comandare folle di persone. Bisognerebbe quindi accettare di andare a combattere senza conoscere l’insieme della strategia che altri hanno elaborato per noi. Ci ritroviamo così a essere soldati condotti nei luoghi di sterminio per compiere qualche mossa tattica (che si tratti di un diversivo militare o di una mossa di comunicazione). Questa idea è per noi fondamentalmente problematica e le storie delle “rivoluzioni” dimostrano che questi capi finiscono sempre per tradire la rivoluzione delle folle anonime a vantaggio della loro posizione di potere. Quuelli e quelle che giocano al gioco dello Stato diventano sempre i suoi burattini.

Contrariamente a questa tendenza, ciò di cui abbiamo bisogno è un’intransigenza totale nei confronti di tutto ciò che costituisce il militarismo. Ciò implica una critica radicale della gerarchia e della rappresentanza politica.

Detto questo, bisogna quindi accettare il salto verso l’ignoto. La soluzione non verrà da persone “al di sopra di noi” e, in una prospettiva del genere, è necessario accettare che, per porre fine alle guerre, bisogna prima di tutto contare su se stessi/e. In questo senso, la nostra azione mira a dimostrare che l’industria della guerra è alla nostra portata, silenziosa ma non invisibile. Sta a noi metterla sotto i riflettori… e sotto il fuoco!

Solidarietà con quelli e quelle che subiscono i bombardamenti,
Solidarietà con le persone in esilio,
Guerra a tutte le guerre e a tutti gli Stati!

Alcuni/e irrecuperabili

Traduzione: La Nemesi [abbiamo fatto alcune correzioni, fra cui il titolo; NdAtt.]

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